La prospettiva artificiale nei fumetti

La prospettiva in Winsor McCay


Utilizzo funzionale della prospettiva

"Il fumetto è stato prospettico sin dall'inizio " (Daniele Barbieri). Ma, si potrebbe aggiungere, nel corso della sua storia (come per l'illustrazione editoriale ed i cartoni animati) ne ha stravolto le regole iniziali per adattarle alle proprie esigenze espressive. In principio, comunque, il riferimento è la prospettiva rinascimentale, ovvero il sistema che "permetteva di rappresentare nel piano la profondità spaziale con precisi rapporti tra le varie parti " (T.E. Bertoldo, Tecnica grafica). Questo perché agli albori del fumetto è ancora presente una forte influenza della pittura e dell'arte incisoria ottocentesca. Il carattere di questa nuova forma espressiva non si è ancora formato in maniera del tutto autonoma e bisogna attendere una decina d'anni. Ovvero quando irrompe sulla scena il genio innovativo di Winsor McCay.

Winsor McCay crea il suo personaggio più famoso nel 1905. Si chiama Little Nemo "un bambino (che) non vive nelle sue storie la vita di tutti i giorni: ogni notte viene trasportato in sogno negli immaginari mondi della fantasia dove vive avventure fantastiche e meravigliose sullo sfondo di preziose e accuratissime scenografie in ricercato stile liberty. Ogni suo sogno-avventura si svolge in una singola tavola, sempre diversa e nuova nella costruzione e nella distribuzione delle vignette, e si conclude con un brusco risveglio che spesso lo salva dalle situazioni difficili o pericolose in cui la sua fertilissima fantasia l'ha di volta in volta cacciato " (Franco Fossati, I fumetti in cento personaggi).

Nel disegno di McCay la realtà non è mai come appare nella sua rappresentazione. Egli sfrutta appieno tutti gli artifici che la prospettiva, l'inquadratura e il segno stesso gli forniscono per condurre il lettore in un'altra dimensione, sino alla tipica ultima vignetta che ha il compito infine di riportarlo alla realtà (la sua lezione sarà ripresa ottant'anni dopo da Bill Watterson, ne parleremo in seguito).

In una tavola del 1907 (figura 1) Nemo e il suo amico Flip pattinano sul ghiaccio. Nella settima vignetta quest'ultimo casca in un cespuglio. Spostandosi poi dall'altra parte della superficie incontrano una pendenza e iniziano a scendere. Si scopre così che la superficie su cui si muovono, altro non è che la testa del nonno di Nemo. Che il sole all'orizzonte è in realtà un cerchio non meglio specificato posto sulla parete che fa da sfondo (tant'è che questi seguiva il movimento dei due personaggi: centrale nelle prime vignette, a destra nell'ottava, a sinistra nella nona: un tracciato che il sole non potrebbe mai seguire).

In tutti i suoi lavori McCay "piega" le regole della rappresentazione ai suoi bisogni e ne fa uno strumento per narrare.

Figura 1

"Uno straordinario delirio prospettico fa sì che noi ci domandiamo in continuazione se gli eroi viaggiano dove si invecchia, ci si ingrandisce o rimpicciolisce mentre le grotte e le montagne, le foreste e i palazzi sbocciano, si inclinano e scompaiono nello spazio di qualche disegno. Le composizioni simmetriche a cavallo di due vignette, i giochi di specchi orizzontali e verticali, i colori degni delle migliori composizioni, il capovolgimento dei punti di vista nelle linee di fuga dovute al fatto che Nemo, in assenza di gravità, passeggia sul soffitto (il mondo appare capovolto quando Nemo ha la testa in basso) etc. Tutto ciò smonta a dovere le leggi del cubo scenografico che, a forza di modifiche, ritrova la piattezza del supporto: la carta" (Pierre Fresnault Deruelle, Little Nemo in Slumberland).
L'artificio del passaggio dalla tridimensionalità alla bidimensionalità attraverso il gioco delle regole prospettiche è talmente presente nell'opera di McCay, da diventare in qualche caso il fulcro umoristico della tavola stessa. Nella tavola sopra Nemo invita a ballare una delle tante bambine che attendono in fila (fanno da tappezzeria, come si dice in gergo). Ma dopo un po' si accorge che in realtà le bimbe sono sagome disegnate sul cartone. È evidente il doppio senso giocato appunto sul "fare da tappezzeria", ma ancora più chiara appare l'illusione che attraverso il tromp l'oeil l'autore regala non solo al lettore, ma anche al suo personaggio. Viene ribadito così un concetto caro all'artista newyorkese: ""È la conquista della superficie a partire dalla rappresentazione dei volumi". McCay percorre nuove strade sino ad allora sconosciute nel relativamente giovane mondo del fumetto.
E lo fa dimostrando che l'uso dei mezzi tradizionali della rappresentazione (la prospettiva appunto) vi si possono adattare e migliorarlo. Nel disegno non vi è alcunché di rivoluzionario, anzi, i riferimenti sono classici. L'ornamento che fa da sfondo a tutte le sue vignette ad esempio è di chiara ispirazione art nouveau. In altre tavole le citazioni della pittura del passato sono ancora più esplicite.


La tavola seguente (figura 2) appartiene ad una serie di poco antecedente a Little Nemo intitolata Dream of the rarebit fiend (in italiano come "Sogni di un divoratore di crostini"). Iniziato nel 1903 sottoforma di striscia per il New York Telegram e firmato con lo pseudonimo di Silas, permette a McCay di sviluppare alcuni temi (il sogno-incubo, il viaggio onirico, il risveglio che riporta alla realtà) che riprenderà in seguito per il suo personaggio più famoso. Ma soprattutto gli dà la possibilità di sperimentare tecnicamente alcuni aspetti.
Figura 2
"In senso strutturale, McCay confermò interessi e convenzioni plastiche. I lettori non sapevano se l'inizio delle vignette rappresentasse la "realtà" o il sogno, non vi erano simboli precisi; l'ambiguità era in tutti e due decisa e nell'ultima vignetta la realtà interna della striscia si sarebbe rivelata, e il lettore avrebbe visto il sognatore da una distanza media. Senza alcun cambiamento nello stile del disegno, nella scrittura, o nei bordi delle vignette e senza ulteriori spiegazioni, il punto di vista sarebbe scivolato dai dentro i pensieri del sognatore a fuori del suo corpo. In questi tempi di espressione libera dalla tradizione delle strisce , McCay formulò delle ipotesi circa le percezioni del lettore, e i lettori, evidentemente, fecero ancor più semplicemente delle ipotesi sull'inerente padronanza del tempo, dello spazio, e dei fattori di continuità delle strisce a fumetti". (Richard Marschall, America's great comic-strip artists).
Fonte:http://blogcomicstrip.blogspot.it/2011/01/la-prospettiva-in-winsor-mccay-prima.html


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